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Foto Cristina Gottardi
Sfruttamento delle materie prime critiche: non è che Roma stia mettendo i piedi in testa alla nostra Autonomia?
Approvato con modifiche, in una calda giornata romana nella vigilia di Ferragosto, il DL 84 contiene disposizioni urgenti sulle materie prime critiche di interesse strategico.
Come noto, si tratta di un argomento nazionale che possiede risvolti anche a livello locale. Tant’è che i politici nostrani, si badi bene solo quando stimolati dalla stampa, hanno costantemente teso a minimizzare le preoccupazioni. Eppure, le informazioni a livello locale e nazionale ne stimolano non poche nonostante, nel decreto appena editato, ci sia un incipit che potrebbe lasciare tutti tranquilli.
Lì, si dice infatti che le disposizioni del presente decreto si applicano nelle Regioni a Statuto Speciale e nelle Province autonome di Trento Bolzano compatibilmente con le disposizioni dei rispettivi Statuti e relative a norme di attuazione.
A riportare le nubi sul cielo delle speranze trentine, tuttavia, ci pensa subito il comma 3 dell’articolo 2. Da lì si evince infatti che possono esistere progetti riconosciuti come strategici dalla Commissione Europea che assumono la qualità di progetti di pubblico interesse nazionale. Comprensivi di opere e interventi necessari per la loro realizzazione, sono considerati di pubblica utilità dunque indifferibili ed urgenti
L’articolo 3 afferma poi che la realizzazione di progetti strategici va presentata al “punto unico di contatto” presso il Mase che sente in maniera non vincolante le amministrazioni locali e rilascia le concessioni.
Al comma 2 si parla dell’autorizzazione unica rilasciata dalla competente direzione generale del Ministero delle imprese e del made in Italy: MIMIT. E’ il Dicastero alle dirette dipendenze del ministro Urso, uno, non proprio autonomista nel DNA politico
Comprendiamo che queste nostre considerazioni possano essere tacciate di allarmismo.
Più e più volte tuttavia abbiamo visto Roma tentare di mettere da parte i dettami della nostra Autonomia. Non solo chi ha governato negli anni ‘10 – ad esempio – ricorda la gravità degli effetti della “Spending Review” voluta da Roma, alla faccia del nostro Statuto. Ad aggravare il quadro ci pensa poi lo stesso ISPRA. In una sua recentissima presentazione dal titolo “LA SITUAZIONE NORMATIVA DELLE REGIONI IN RELAZIONE ALLO SFRUTTAMENTO DELLE MATERIE PRIME CRITICHE”, in una slide presentata affermava che
1. Le Regioni, che esercitano una piena competenza amministrativa per il conferimento dei titoli minerari relativi alle materie prime critiche, applicano la legislazione statale vetusta e non possiedono le competenze tecniche e amministrative per autorizzare e controllarne la ricerca e lo sfruttamento.
2. Le stesse Regioni, per la gran parte. hanno una visione dell’interesse economico delle attività estrattive limitato alla singola realtà regionale, e non percepiscono, se non il qualche lodevole caso, l’interesse nazionale.
3. Gli interessi localistici, talvolta, sono prevalenti su quelli nazionali
Allora: il Movimento Casa Autonomia.eu si sente particolarmente legato ai valori dell’Autonomismo. Per questo non ce la sentiamo di lasciar passare in silenzio la questione.
Attraverso un’interrogazione daremo modo alla Giunta di spiegare se e dove i nostri dubbi sono fondati. Diversamente, sarà legittimo chiedersi se sia stato fatto tutto il possibile per poter tutelare gli interessi delle nostre valli e dei concittadini che le abitano.
Lo facciamo mossi dal desiderio di stigmatizzare un duplice silenzio. Quello dell’amministrazione Provinciale sorprende poco. Si tratta ormai una triste realtà, sempre leale alle scelte di un governo statalista nazionalista.
A sorprendere maggiormente però è invece l’atteggiamento degli autonomisti che per contratto a chiamata, siedono attualmente in Giunta provinciale. Sarà forse dovuto a questo il mutismo dei discendenti diretti di quegli storici autonomisti che furono schietti e genuini interpreti delle prerogative di autogoverno che un tempo abitavano il loro partito? Che fu ad esempio quello che subito si mosse sulle barricate in Val Rendena non appena era stata paventata un’ipotesi di avviamento di attività estrattiva di Uranio.
“È colpa di Roma, ci dispiace, di più non si poteva fare” non può bastare L’unica risposta tollerabile è “se il Trentino non sarà d’accordo di nuova attività estrattive non se ne potrà parlare” E’ solo quest’ultima, l’unica risposta accettabile all’interrogazione che abbiamo appena depositato.
E’ di questo periodo l’attività di alcune persone responsabili che stanno gestendo a livello comunale un momento di ascolto per disegnare il futuro della comunità clesiana del prossimo decennio. Faccio parte anch’io di questo gruppo che tra le varie priorità si trova sempre più spesso a parlare della futura Variante di Cles. E nel mio ruolo di Consigliere provinciale avverto il doveroso impegno di rilanciare le preoccupazioni della Comunità alla quale sento di appartenere, all’agone della critica politica che è propria della sede istituzionale presso la quale opero.
Ebbene, come sappiamo i benefici di quest’opera sono attesi da anni. Si rifletteranno non solo sulle valli del Noce ma più ampiamente su quella parte di comunità Trentina e pletora di turisti che trovano sempre più trafficato e caotico l’attraversamento del nostro Centro di Valle.
Di inizio lavori non se ne vede nemmeno lontanamente l’ombra. Eppure, il progetto è stato approvato anzi appaltato già qualche anno fa ma una serie di vicissitudini lo hanno portato a rimanere inevaso fino ai nostri giorni,
Finora, l’unico vero concreto impegno in sei anni di amministrazione leghista è stato quello di piantare un cartello di inaugurazione all’entrata del paese quindici giorni prima delle ultime elezioni. Oggi finalmente pare sia in arrivo una soluzione a questa lunga attesa. La proposta, non sarà però scevra da ulteriori problemi. Il tracciato solcherà la borgata di Cles in particolare tra le frazioni di Maiano e Dres. Queste belle località si dovranno dunque accollare il disagio paesaggistico ambientale e non solo, di questa importante arteria stradale. Pare tra l’altro che le modifiche progettuali recentemente inserite, oggetto di osservazioni in attesa di risposte, peggioreranno il locale impatto dell’opera.
Ma senza entrare nel merito del perché o del per come si sia arrivati a questo tipo di variante ne approfittiamo per sottolineare che la zona è comunque già attraversata anche dal tratto ferroviario della Trento-Malè. Tanto sostenibile quanto fastidiosa mobilità poiché attraverso i suoi passaggi a livello ostruisce, verso Maiano, il passaggio da una parte all’altra della frazione anche per periodi superiori ai 20 minuti. Già qualche anno fa la comunità locale chiese la rimozione di questo disagio attraverso l’interramento. Non poteva non balzare ai nostri occhi l’opportunità di valorizzare le risposte alle risorse risparmiate attraverso questo nuovo progetto in una forma di compensazione per il disagi alla località.
C’è poi un ulteriore aspetto inquietante che è emerso in questo intertempo di attesa di avvio dei lavori. Gli errori amministrativi, le falle di un sistema di appalti e di progettazione abortite, riprese, variate nel tempo più e più volte dal loro aspetto originale, avrebbero almeno dovuto manifestare il pregio di risolvere alcuni dei problemi originali.
Ed ecco invece che il traffico ferragostano, le interminabili code di veicoli di provenienza solandra hanno fatto accendere più di un lume nel pensiero di tanti cittadini. Pare infatti che la nuova progettata variante presenterà ben tre nuove rotatorie. Immettendosi tra l’altro, poco prima di un complicatissimo vialone a tre corsie che dovrebbe regolare gli accessi ai centri commerciali. L’intrico di carreggiate finirebbe soltanto per aggiungersi alle probabili tre rotatorie che a quanto pare dovrebbero caratterizzare la nuova variante, quando anzi – chissà quando – entrerà in funzione. Ci chiediamo se davvero tre rotatorie, sicure origini di vari stop&go e rallentamenti, siano davvero parte integrante ed inamovibile di un progetto già approvato? E qualora così fosse, ci chiediamo se sono state davvero prese in considerazione tutte le simulazioni di traffico futuro per capire quanto incida sul rallentamento del flusso veicolare, questa probabile soluzione a triplice rotatoria?
Se, mi è lecito, visto che il tempo non mi manca, avvalendomi dell’esperienza fatta nel mondo della scuola come preside e politicamente come ex assessore provinciale all’istruzione e formazione professionale, mi inserisco nel dibattito in corso relativamente al problema dello “ius scholae”. Mi ha colpito in modo particolare quanto apparso su questo giornale venerdì 23 u.s. Da una parte si legge il pensiero unanime di dirigenti di vari ordini e gradi di scuola che condividono e appoggiano l’iniziativa nazionale di approvare la proposta di legge dello “ius scholae” (diritto alla scuola) a favore dei figli di genitori stranieri e dall’altra il pensiero dell’assessora all’Istruzione Gerosa che dichiara l’argomento un “non tema“. Quindi neanche degno di discussione e quindi si deve lasciare tutto com’è attualmente.
Allora, per chiarezza, vediamo prima, in sintesi, cosa dice la legge vigente sulla cittadinanza per i figli di genitori stranieri. La legge di riferimento è la n.91 del 1992, che si basa sul c.d. “ius sanguinis”, cioè la trasmissione della cittadinanza italiana da genitore a figlio. La legge dice che I figli di cittadini stranieri che nascono in Italia e vi risiedono ininterrottamente fino al compimento della maggiore età possono, entro un anno dal compimento dei 18 anni, dichiarare di voler acquisire la cittadinanza. I tempi burocratici per ottenerla, tuttavia, vanno dai tre ai 4 anni.
Cosa prevede invece la proposta dello “ius scholae”? Eccone il contenuto: l’acquisizione della cittadinanza italiana da parte del minore straniero che sia nato in Italia o vi abbia fatto ingresso entro il compimento del dodicesimo anno di età è concessa purché questi risieda legalmente in Italia, e abbia frequentato regolarmente, per almeno 5 anni nel territorio nazionale , uno o più cicli scolastici presso istituti appartenenti al sistema nazionale di istruzione e formazione professionale idonei al conseguimento di una qualifica professionale. Nel caso in cui la frequenza riguardi la scuola primaria, è necessario aver concluso positivamente il corso medesimo”.
Vediamo ora i cambiamenti che ci sarebbero fra la legge vigente e quella in discussione. Allo stato attuale, difatti, benché nati e cresciuti in Italia, i figli di immigrati sono considerati stranieri, per tale ragione, ad essi è preclusa la possibilità di fare cose ed accedere ad attività essenziali per un corretto sviluppo dell’individuo e della sua personalità. I ragazzi, nati in Italia da genitori stranieri o arrivati in Italia da piccolissimi, dipendono fino alla maggiore età dal permesso dei genitori: se il permesso scade e se i genitori perdono il lavoro, loro diventano irregolari. Fino al raggiungimento della maggiore età alcuni ragazzi non possono iscriversi a campionati sportivi in cui esistono limitazioni per i giocatori stranieri. I viaggi all’estero devono essere preceduti dalla verifica della necessità di avere o meno il passaporto italiano o un visto. Se volessero andare all’estero con una borsa di studio per un’esperienza formativa più lunga di 12 mesi, perderebbero automaticamente la carta di soggiorno e dovrebbero intraprendere una lunga e complessa trafila per richiederla. Inoltre questi ragazzi non possono né votare, né candidarsi e nemmeno partecipare a numerosi concorsi pubblici o visite culturali.
Da quanto detto risulta evidente la discriminazione fra studenti con cittadinanza italiana e non. E ciò che stride e stona di più è che questo avvenga proprio nella scuola che ha il compito di educare all’uguaglianza, all’inclusione, all’apertura, alla socialità e alla mondialità. A questo punto mi chiedo e chiedo all’assessora all’Istruzione Gerosa se è proprio vero che lo “ius scholae” non è un tema da affrontare. Capisco la sua difficoltà politica, ma non può nemmeno ignorare cosa dicono e ne pensano gli “addetti ai lavori”, cioè il mondo della scuola. Forse è stata un po’ troppo tempestiva nell’esprimersi. Ho ricoperto anch’io il ruolo che svolge. Non è semplice e facile e proprio per questo l’ascolto è molto importante. Per quanto riguarda l’accostamento agli altri Stati Europei (quanti e quali) che sarebbero più severi di noi, questo è da dimostrare. E , ammesso e non concesso, che fosse anche vero, non sarebbe un merito fare i pionieri nelle cose buone e giuste?
Chiudo, facendo tanti auguri per il bene della scuola all’assessora Gerosa e chiedo scusa se mi sono permesso una correzione solo e puramente fraterna. L’ho fatto solo per il bene che voglio ancora alla scuola e ai suoi utenti, in particolare, in questo caso, ai figli di genitori stranieri.
Luigi Panizza ex Assessore provinciale all’Istruzione e componente “Casa Autonomia E.U.
Paola Demagri Consigliera provinciale MCA
Valentino Inama Coordinatore Giovani MCA
Lo spunto di riflessione da cui partire è il saggio Vite Ferme del prof. Paolo Baccagni dell’Università degli Studi di Trento che sottolinea come la segregazione residenziale dei richiedenti asilo non sia solo antieconomica per i conti pubblici ma non produca nemmeno integrazione. L’integrazione implica – ricordiamolo – un processo di inserimento nel contesto sociale e cioè nel conoscere anche le regole tipiche della nostra convivenza civile.
Ignorare le caratteristiche delle regole della nostra società civile provoca incomprensioni che spesso arrivano a sfociare in disagi per la popolazione locale producendo così una becera retorica del “noi e loro”.
Il prof. Baccagni in un’intervista rilasciata sul giornale “l’Adige” domenica 19 maggio 2024 parla anche di una “bolla” in cui vivono i richiedenti asilo. Immaginiamoci per un’attimo di essere noi in questa bolla, “ospitati” in una struttura per settimane, mesi, anni senza poter lavorare, senza nulla da fare, senza conoscere il mondo che ci circonda. Cosa faremmo?
Inutile scomodare la piramide di Maslow e parlare dei bisogni umani con riferimenti accademici: non c’è solo il cibo, il vestiario e l’assistenza medica nella vita di una persona. Dovremmo parlare di senso di appagamento, di senso d’efficacia e via discorrendo. Il Baccagni sottolinea nel suo saggio come questo “parcheggio sovraffolato” rappresentato dalle residenze per migranti, produce frustrazione nelle persone che vi risiedono ed – aggiungiamo – a chi vi lavora, e a chi come noi ha un pensieri positivo verso i migranti. Non sta a noi giudicare il buono o il cattivo!
Per un’attimo però fermiamoci: fermiamo le c.d. narrative “buoniste” che edulcolorano da un punto di vista emotivo-empatico il problema migratorio e poniamoci il problema con un approccio analitico sulla base di dati politici, economici e sociali. Per un attimo sospendiamo quindi lo show atto sul tema ( tipico di una certa area politica) e quindi ragioniamo.
Un primo dato è rappresentato dalla volontà della Giunta di attuare una “spending review” sui progetti di accoglienza. Altro dato sono i disagi del capoluogo dove tutti i richiedenti asilo ed i migranti in ospitalità temporanea sono stati ammassati selvaggiamente senza alcuna prospettiva di interazione costruttiva con la società che li circonda.
Volendo rispettare il primo dato vogliamo quindi sottoporre una riflessione alla Giunta provinciale per un piano di gestione e d’accoglienza che cerchi sì di risolvere l’eccessiva presenza di migranti nel capoluogo ma che cerchi anche di rendere queste persone delle risorse sul territorio inserendole in un programma quanto più economicamente sostenibile.
Tenere persone rinchiuse in una struttura pubblica a non fare nulla o non dare loro gli strumenti per interagire in maniera costruttiva a cosa può portare? Cosa si vuole ottenere lasciandoli alla deriva ed in balia di sé stessi? Per noi questo significa essere ideatori e promotori di problemi che un tempo, non molto lontano, erano Governati e Gestiti.
L’approccio che si deve utilizzare è quello per cui “non è un problema se non ha una soluzione” e quindi se non si vuole affermare che la politica trentina non sa che fare per fermare i disagi nel capoluogo cerchiamo di portare avanti una soluzione condivisa rispettando le necessità del territorio, gli obblighi morali a cui – più volte – il Santo Padre ci ha richiamati.
Spostare persone o famiglie migranti dal capoluogo ai territori non è di per sé una risposta se non accompagnata da un piano d’inserimento e d’integrazione. Ragioniamo quindi sulle barriere tra le persone migranti e la società trentina: la prima barriera è quella linguistica, servono corsi intensivi di lingua; la seconda barriera è quella socio-culturale, serve educazione civica, netiquette e la presenza di mediatori culturali; la terza barriera è la carenza di una professionalità a cui serve sopperire con un avviamento al lavoro. Pensiamo a settori come l’agricoltura, la zootecnia, il turismo dove vi è una grave carenza di lavoratori.
Tuttavia, l’obiettivo di questi progetti di accoglienza decentrata deve essere quello di rendere queste persone economicamente autosufficienti, consapevoli delle principali norme giuridiche e sociali della nostra società.
In questa riflessione non abbiamo scomodato il dato più scientifico che ci sia, quello demografico. Solo questo basterebbe per decidere di cambiare la rotta della nave demografica dove il progressivo invecchiamento della popolazione trentina e la denatalità tanto bastano per sapere già oggi quale sarà il domani.
La notte scorsa è passato in Consiglio provinciale l’assestamento di bilancio. Le minoranze consiliari, fin da subito compatte, hanno fatto valere i 18.000 emendamenti ostruzionistici, unico strumento a loro disposizione per poter entrare nel merito delle questioni, resistendo alla misure della Giunta tese esclusivamente a difendere interessi particolari e contribuendo a migliorare la manovra con proposte a favore della collettività.
Dopo un approccio muscolare della maggioranza che ha bocciato tutti gli ordini del giorno delle minoranze – molti a sostegno di famiglie e di chi è più in difficoltà e altri che riponevano impegni già votati all’unanimità nella scorsa legislatura – si è dovuti restare in Aula a votare qualche centinaio di emendamenti ostruzionistici per far arrivare forte e chiaro il segnale che la minoranza era determinata ad andare fino in fondo. Solo così si è aperta la trattativa, durata oltre 20 ore.
Il primo risultato è stato lo stralcio dell’articolo 10 che prevedeva di fatto la possibilità di aumentare le indennità della Giunta provinciale, quelle della Camera di Commercio, oltre alla riduzione da 5 a 2 anni del tempo per il quale un ex Consigliere non può percepire indennità se nominato in enti o società. Su quest’articolo la maggioranza, a notte ormai inoltrata, ha tentato un colpo di mano finale, venendo meno all’accordo, cercando di mantenere la parte sulla modifica delle indennità di Giunta, ma ancora una volta compattezza e determinazione delle minoranze li ha portati a più miti consigli.
Anche sull’articolo 43 si è ottenuto un buon risultato, arrivando a perimetrale la possibilità di deroga al consumo di suolo nelle aree agricole non di pregio solo per aree in contiguità con quelle urbanizzate e soprattutto si è ricondotta la norma sugli alberghi dismessi alla finalità per cui era nata: ora è possibile, dopo un anno, destinarli con variante semplificata solo a residenze ordinarie, quindi per famiglie e lavoratori.
Per quanto riguarda la trattativa sulle proposte di merito, l’Alleanza Democratica Autonomista insieme a Filippo Degasperi di Onda ha ottenuto importanti risultati in favore dei trentini con diversi emendamenti approvati.
Per il sostegno alle famiglie nella manovra di bilancio 2025 la disciplina dell’addizionale regionale sull’IRPEF sarà modificata al fine di introdurre maggior gradualità, tenendo anche conto dei figli a carico.
Alla cooperazione internazionale sono state incrementate le risorse per 500.000 euro sul 2025 e il 2026.
Per la salute e sociale sono stati stanziati 200.000 euro per il 2024 e 500.000 per il 2025 per il recupero straordinario liste d’attesa. Nella dotazione organica di APSS verrà considerata l’assunzione di psicologi dedicati al sostegno dei malati oncologici. Sull’abitare sociale per persone con disabilità sono stati stanziati 250.000 euro. Verranno inoltre sostenute la robotizzazione del processo di allestimento delle terapie oncologiche e la distribuzione diretta dei farmaci negli ospedali periferici.
Sul diritto alla casa è stato aumentato di 1 milione il contributo integrativo al canone di affitto sul libero mercato e si tiene contro dei canoni di locazione della prima casa nella determinazione dell’assegno unico provinciale, per aiutare le famiglie in maggiore difficoltà economica.
Per la sicurezza sul lavoro viene inserito nella legge sugli interventi a favore dell’economia la possibilità di finanziare investimenti su tecnologie digitali finalizzate alla prevenzione degli infortuni.
Sulla scuola sono finanziati sistemi per la didattica in favore di bambini e ragazzi audiolesi (200.000 euro), l’acquisto di arredi e attrezzature delle scuole dell’infanzia equiparate (100.000 euro). Sono stati migliorati i criteri per la stabilizzazione degli insegnanti della formazione professionale provinciale (Degasperi). Verranno impartite ad APRAN indicazioni per il riconoscimento contrattuale della flessibilità dell’orario di servizio nelle scuole di infanzia. Viene incrementato il sostegno degli studenti che praticano discipline sportive in modo continuativo. È inoltre stata inserita la valutazione statistica annuale dei livelli occupazionali post percorso scolastico e formativo.
Per gli enti locali si sono incrementate le risorse per le retribuzioni dei Segretari comunali, vista la difficoltà a reperirne e l’aumento delle responsabilità.
Ha avuto sopravvento la bulimia della maggioranza
“La maggioranza ha la mentalità dell’opposizione, l’opposizione dimostra attitudine al Governo”
I gruppi di minoranza in Consiglio provinciale hanno spiegato le motivazioni dell’opposizione in aula: “Non siamo fermi sul merito dell’assestamento, ma su norme inserite in questa manovra per rispondere ad interessi ad personam”. No all’aumento di indennità per i membri del CdA della Camera di Commercio e della Giunta Provinciale e alla modifica alla legge urbanistica senza un percorso partecipato.
I Consiglieri di minoranza in Consiglio provinciale, di fronte alla presa di posizione della Giunta provinciale che rifiuta ogni trattativa, hanno spiegato i motivi di una opposizione che si concentra in particolare su due articoli della proposta di legge, il n.10 e il n.43, che non riguardano l’assestamento stesso.
Nello specifico, per quanto riguarda l’art. 10, le minoranze chiedono che sia adeguata la proposta provinciale a quella nazionale, ovvero che si prevedano i tre anni, anziché i due previsti dalla Giunta ora, senza compenso per i consiglieri provinciali o i membri della giunta che vengono indicati nelle cariche di nomina provinciale, ma soprattutto chiedono che sia stralciato il Comma 2, che prevede un aumento del gettone di presenza per i consiglieri, Presidente e Vicepresidente della Camera di Commercio. A questo comma si è aggiunto un sub emendamento, presentato dallo stesso Fugatti, che inizia il percorso per portare all’aumento dell’indennità dei membri della Giunta provinciale. Sull’art. 43 invece è stato chiesto di ritirarlo e di ripresentarlo, anche con tempi certi, in forma di disegno di legge sull’urbanistica, in modo che vi sia un percorso partecipato che coinvolga gli organi del Consiglio e, attraverso le audizioni, ordini professionali e Coldiretti, che già pubblicamente si sono dichiarati contrari alla normativa.
“Governare significa saper mediare. Non c’è stata alcuna disponibilità, da parte della Giunta, di arrivare ad un punto di incontro e da parte loro non è arrivata alcuna proposta, né hanno risposto alle nostre richieste. Lo stallo in cui ci troviamo è dovuto alla necessità di sistemare alcune posizioni puntuali, a costo di bloccare una manovra da un miliardo di euro”, spiega il Garante della Minoranze, Francesco Valduga (Campobase). “Contrariamente a quanto stanno facendo loro, che bocciano le nostre proposte di Ordine del Giorno senza nemmeno discuterne, noi abbiamo votato anche a favore di alcune loro proposte perché pensiamo che governare significhi dare priorità ai temi. Evidentemente chi governa ha mentalità di opposizione, mentre che fa opposizione ha attitudine al governo”.
Alessio Manica, Capogruppo del Partito Democratico, ha spiegato che la Giunta “sta impuntandosi per sistemare questioni personali, anziché per il bene del Trentino. Non siamo fermi di fronte a temi di merito della minoranza, ma di fronte a due articoli ad personam. Occorre dire a tutti i Trentini che la minoranza non sta bloccando la manovra da un miliardo, ma sta cercando di fermare l’ennesima forzatura della Giunta su temi che riguardano pochi e non certo le grandi opere di cui si parla. Se l’art. 43, come detto da loro stessi, non serve perché la normativa già consente di fare determinate scelte, allora non ha senso che loro lo mantengano in questa proposta di legge”.
Della stessa opinione Filippo Degasperi, referente di Onda Civica: “Siamo bloccati su norme che riguardano sistemazione di cose che interessano la maggioranza e non certo ai trentini. Quello che noi vogliamo evitare è che si metta in pratica il pantouflage, ma sono così avvitati su se stessi, che hanno presentato Ordini del Giorno uguali a quelli che avevano bocciato quando li aveva presentati la minoranza. Un tempo si avviava un confronto, ora non va più così. Abbiamo proposto questioni di merito, ma risposte non ne sono arrivate. Qui si parla non di un assestamento di bilancio, ma di aumentò delle indennità, poltrone, sistemazione degli amici”.
Per Lucia Coppola, Alleanza Verdi e Sinistra, “questa è la dimensione dell’antipolitica che non si dovrebbe vedere in questa aula. Si è visto stamani con gli ordini del giorno, che non sono stati nemmeno letti. Non siamo al Colosseo dove si sceglie la vita o la morte di una proposta con il pollice verso. Pretendo che quantomeno si risponda, ma loro rimangono nel silenzio. Dei nostri Ordini del Giorno non passa mai nulla, mentre noi votiamo nel merito e abbiamo anche sostenuto scelte che giudichiamo positive per il Trentino”.
Paola Demagri ha parlato di “prova di machismo “, dove “il denominatore comune è aiutare se stessi e gli amici”. “Per fugatti – ha detto – “Questa è l’ultima occasione e quindi porta a casa tutto quello che può. I consiglieri di maggioranza devono essere a disagio perché sono costretti a votare secondo quello che viene loro imposto dalla Giunta e non secondo un proprio pensiero
“Una manovra, ha concluso Roberto Stanchina (Campobase), “che crea un precedente pericoloso, perché si usa un assestamento di bilancio per far passare senza un dibattito pubblico una legge che favorisce interessi di alcuni”.
La minoranza consiliare dell’Alleanza Democratica Autonomista esprime soddisfazione per la convergenza che Federazione della Cooperazione e sigle sindacali stanno trovando per il rinnovo del contratto integrativo della cooperazione sociale. Questo permetterà da un lato di riqualificare l’offerta dei servizi sociali, socio-assistenziali e socio-educativi e dall’altra di dare risposte alla perdita di potere d’acquisto di lavoratori e lavoratrici della cooperazione sociale e arrestarne la fuga verso il privato, le RSA e l’APSS, cosa che ha già iniziato a mettere in difficoltà i servizi sociali territoriali.
Ora serve che il Presidente Fugatti stanzi le risorse per dare copertura agli aumenti contrattuali e permettere così che si arrivi a siglare l’accordo tra Cooperazione e sindacati. Sono anni che chiediamo che si stanzino queste risorse, con oltre un miliardo di euro in assestamento non ci sono più alibi: se i salari sono realmente una priorità per la Giunta, questo è il momento per dimostrarlo.
Anche su questo faremo sentire la nostra voce in Aula durante la discussione dell’assestamento di bilancio.
tra sciatteria istituzionale e solita mancanza di prospettiva
I consiglieri e le consigliere di minoranza : Francesco Valduga, Paola Demagri, Mariachiara Franzoia, Paolo Zanella
Oggi in Prima Commissione le minoranze consiliari hanno bocciato la Strategia provinciale per la XVII legislatura. D’altronde si tratta di una programmazione lacunosa e general generica, che dice poco o nulla su come si vogliono raggiungere gli obiettivi in questi cinque anni (peccato che il “come” sarebbe proprio la strategia…) e che tra l’altro è spesso incoerente rispetto alla Strategia Provinciale per lo Sviluppo Sostenibile, a partire dalla riproposizione della Valdastico. SProSS che è stata votata la scorsa legislatura evidentemente più per obbligo derivante dall’Agenda 2030 che perché ci si creda realmente, visto che in più occasioni la Giunta ha dimostrato che la sostenibilità non è tra le sue priorità.
L’assenza di Fugatti oggi in Commissione per replicare alle nostre osservazioni, poi, dimostra quanto sia importante per questa Giunta una visione complessiva da mettere in campo nel medio-lungo termine. La replica dell’assessore Spinelli alle nostre osservazioni è stata – pare impossibile – più vuota della Strategia stessa. Restano quelli di sempre, che prendono decisioni estemporanee di sei mesi in sei mesi, dal bilancio all’assestamento (al netto delle grandi opere, per le quali ci sono sempre milionate da accantonare che poi mai ricadono a terra), anche ora che la scusa del CoViD non c’è più. E lo si vede proprio in questa Strategia provinciale, povera e incoerente sin dalla premessa, con un’analisi del contesto socio-economico dove le priorità citate da Fugatti a inizio legislatura scompaiono: non si portano dati sull’emergenza casa, sui salari più bassi del Nordest, sull’aumento delle disuguaglianze, sulla spesa per la sanità privata direttamente a carico dei cittadini più alta d’Italia.
Al di là della sciatteria generale e delle legittime posizioni politiche su alcuni temi che segnano la distanza tra chi governa e noi all’opposizione, ciò che salta all’occhio è la mancanza di proposte in risposta ai problemi identificati. Sulla carenza di personale nei Comuni nulla si dice sull’incentivazione delle fusioni, delle gestioni associate o di altre proposte credibili che rafforzino le autonomie locali e nemmeno del trasferimento di competenze alle Comunità di Valle. Sulla chiusura del ciclo dei rifiuti, dopo anni di ragionamenti ancora non si esprime nessuna posizione su tipologia di impianto, dimensionamento e localizzazione. Nulla su un piano per il risanamento degli acquedotti, sulla strategia per il rinnovo delle concessioni di grandi derivazioni idroelettriche per mantenerne il controllo territoriale, sul sostegno delle Comunità energetiche rinnovabili, sull’efficientamento delle abitazioni e sul contrasto alla povertà energetica. Come fossero temi secondari in questo momento storico. Nemmeno sui nidi d’infanzia si esplicita se si vuole andare o meno verso l’universalità e la gratuità, visto che ormai il trend della (de)natalità con la politica dei bonus si sta allineando a quello nazionale. Poco pure sulle strategie per contrastare il persistente divario di genere. Sui salari si dice solo che si deve cercare di alzarli, ma non si spiega con quali leve: incentivando selettivamente le aziende e favorendone la crescita dimensionale per aumentarne la produttività? trasferendo più risorse per gli affidamenti dei servizi per garantire contrattazioni integrative migliori nel terzo settore? Nulla è dato sapere. Sull’abitare poi manca completamente l’idea di un piano di edilizia residenziale pubblica e non si accenna nemmeno al problema degli affitti turistici brevi che erodono il mercato residenziale, figurarsi a possibili risposte. Sulla sanità l’approssimazione è massima, tanto che è su questo tema che è arrivato il numero più alto di osservazioni dai cittadini e organizzazioni interessate: il ruolo della prevenzione invece che essere centrale è solo accennato, manca un progetto di riorganizzazione del territorio e le strategie per l’integrazione socio sanitaria e non si definiscono leve per il trattenimento e l’attrattività del personale per garantire il funzionamento della sanità pubblica e universalistica. E quasi nulla si dice del sociale e disabilità. Sui grandi carnivori, poi, tema principale di campagna elettorale di questa maggioranza, ci si ferma alle enunciazioni di principio.
Insomma letto il documento ci si rende conto che si tratta di una Strategia senza strategie, dove manca una prospettiva di sviluppo del territorio e che di fatto è stata scritta solo perché si doveva farlo, sapendo già che tanto per altri cinque anni si continuerà comunque a navigare a vista. E i grandi cambiamenti in atto nessuno li governa, con buona pace dei trentini e delle trentine.
I provvedimenti della politica nazionale di queste ore impongono al Movimento Casa Autonomia.eu una forte presa di posizione. Anche se l’Autonomia differenziata come fin qui approvata sembrerebbe più un provvedimento “Manifesto” che una solida realtà normativa sulla quale discutere. Questo perché la parte leghista del governo Meloni la fa passare in un momento storico in cui, in Trentino, i vecchi autonomisti identitari, quelli che dovrebbero ergersi a paladini delle prerogative del pensiero autonomista, stanno invece zitti zitti, sotto la gonna di lega e fratelli d’Italia locali. Sono, loro stretti alleati anche qui a livello provinciale, come sappiamo in funzione delle nomine di governo ricevute. Così accontentati, non li sentirete sollevare la minima critica. Da qui partono allora responsabilità e coerenza di MCA.eu, gli autonomisti della compagine di centro-sinistra. Parliamo di questo provvedimento allora. Critiche – a tratti in maniera scontata – le minoranze, esultanti – spesso a sproposito – i leghisti. Ai più, non sarà poi sfuggito il tiepido atteggiamento del Fratelli italiani nonstante ci sia un preciso accordo elettorale che tiene in piedi il governo nazionale. Ma si sa, l’A. Diff. è un provvedimento che interessa soltanto alla lega. I Fratelli sono focalizzati sul presidenzialismo.
E qui si apre la prima considerazione critica verso un provvedimento che di per sé, fosse realistico e applicabile potrebbe contenere numerose buone novità. Comunque, considerando i reciproci rapporti di forza tra le due compagini di governo possiamo immaginare quanto poca cura e interesse manifesterà FDI nel portare avanti la partita oltremodo complessa dei decreti attuativi. Perché al di là delle giuste preoccupazioni sulle disparità che potrebbero manifestarsi in corso d’opera, per poter procedere all’attuazione di questa norma è necessario individuare i famosi livelli essenziali di prestazione. Ma non solo perché poi questi devono venir riconosciuti insieme alle risorse idonee a poterli ridistribuire in maniera sufficientemente equa. E sul terreno dell’equità tra nord e sud, l’attuazione troverà le forche caudine dei parlamentari del sud.
Dal punto di vista politico, elettorale e di voto dentro al parlamento, il meridione è sempre stato molto forte. Posso citare ad esempio il fatto che cinque regioni del sud hanno avuto la forza storica di introitare il 45% dei quasi 10 miliardi che la Politica agricola comunitaria aveva messo a disposizione dell’Italia ad ogni programmazione passata. Le altre 14 regioni e due Province autonome si suddividevano in sedici il restante 55.
Immaginatevi quando si cominciassero a toccare argomenti come sanità e welfare. Tant’è che anche solo in questa fase di voto pare che Salvini ci abbia rimesso fin da subito del gran consenso in Calabria, proprio a causa della contrarietà dei parlamentari di destra di quella regione. Tutto fa pensare però che gli annunci proseguiranno, senza conseguenze e peggio, senza risultato. Buon per noi, buon per l’Autonomia trentina che alle sceneggiate della lega ci ha fatto il callo. Ricordiamo tutti un fatto di cronaca politica del quale il web da facile traccia. E’ accaduto casualmente il 21 giugno ma di ben 13 anni fa. L’accordo di allora era con il governo del momento, quello del Cavaliere nazionale. Il ministro, lo stesso. Stesse scene, stessi annunci che il tempo finì per consegnare ad un nulla di fatto. Bene dunque che vi sia un’opposizione forte che sottoporrà al referendum questo atto politico dato da digerire d’imperio agli italiani, altrettanto bene che sia consegnato al percorso legislativo col solito atteggiamento leghista che ormai conosciamo anche qui in Trentino. Basti osservare come è stata gestita dalla lega trentina prima di opposizione e poi di governo, la partita dei Grandi carnivori.
Dai banchi dell’opposizione avrebbero spaccato il mondo. Nella prima fase di governo hanno annunciato tutto ed il contrario di tutto, senza portare a casa niente tranne una gestione che ha coltivato paure e purtroppo tragedie. Oggi, a sei anni di distanza provano a ripartire rimettendo in piedi – e male – tutto quello che avevano smantellato sei anni fa ereditato dalle persone coscienti e competenti che avevano lasciato loro.