Questo è un periodo particolare, delicato. Sembra che regni sovrana l’indecisione. Leggendo i giornali la politica trentina e con essa la società, di cui la prima è espressione, pare sia avvitata su se stessa senza esprimere soluzioni, vie di sfogo che possano riportare la Provincia Autonoma sulla strada della qualità, della lungimiranza e del buon senso che per anni sono stati propri del nostro Trentino.
All’osservatore, all’elettore, al lettore appare un momento di cambiamento nella percezione stessa del modo di intendere le istituzioni e con esse l’autonomia trentina che ci garantisce, in definitiva, la qualità della vita all’interno della nostra provincia. Personalmente avverto un certo raffreddamento per quanto concerne gli importanti temi autonomisti, sembra infatti che li si dia per scontati. Invero non è così, come insegna la storia i diritti acquisiti dagli avi, tramite lotte, fatiche, sofferenze e privazioni, non sono mai dovuti. Nel momento in cui cessano di essere difesi saranno certo limitati, offesi, alienati e in ultimo aboliti.
Per questo, a mio avviso, è necessario risvegliare gli animi e avvertire il reale pericolo che sta correndo la nostra identità territoriale. Ogni angolo di Trentino, ogni strada, ogni bosco, lago, albero, valle, paese e città è così grazie all’autonomia che i trentini seppero guadagnarsi, proteggere, ampliare ed aggiornare negli anni dal primo Statuto, diventato legge nel 1948 e poi attualizzato nel 1972, sino ad oggi.
Per fare questo bisogna invertire la rotta, l’attuale Giunta si è dimostrata reiteratamente inadeguata nell’applicazione e nella gestione dei delicati alambicchi legislativi atti a governare l’autonomia. Le numerose leggi impugnate e il generale malcontento inaspritosi in questi ultimi cinque anni in diversi fondamentali settori, primo fra tutti quello sanitario, manifesta una chiara mancanza di progettualità che credo sia dovuta anche a una certa arsura intellettuale che purtroppo pervade i vertici della Provincia Autonoma. Tutto ciò provoca un’immensa tristezza perché siamo, o meglio dire saremmo, un territorio che oltre ad avere le capacità e le personalità adeguate, avrebbe anche il potere di fungere, proprio grazie alle prerogative autonomiste, da laboratorio di sviluppo per le innovazioni di cui anche l’Italia ha bisogno. L’Autonomia è infatti per me concepibile come fucina inarrestabile di sperimentazione, che permette di essere precursori dei tempi, di intercettare le istanze della società prima e meglio di chi non dispone di questa meravigliosa opportunità, per poi indicare la strada con consapevolezza, sagacia e chiarezza. Questo è, in fin dei conti il ruolo dell’Autonomia. Tutto ciò naturalmente richiede un governo illuminato e capace, che non solo sia per legge e per Statuto autonomista, ma che sappia anche utilizzare l’Autonomia, dimostri cioè di saper sfruttare le grandi possibilità legislative di cui dispone. Il contrario dunque di quello che si visto in questi anni un cui una Giunta debole e includente ha sostanzialmente abdicato al proprio ruolo, appellandosi ai dettami dello Stato in quanto incapace di amministrare il proprio territorio.
I tempi cambiano e con essi le sensibilità e gli equilibri politici, alcuni partiti nascono altri spariscono dalla scena. Altri decidono di tradire il proprio ideale e la propria base per inseguire i desideri personalistici dei propri componenti, come accaduto a quello che una volta si fregiava più d’ogni altro della difesa degli interessi della popolazione trentina, il Patt, che dopo un penoso teatrino falsamente attendistico, ha poi abbracciato la coalizione dei partiti centralisti e statalisti di destra, o meglio dire, di estrema destra. Cioè per dirla in breve ha deciso di sciogliersi tra gli epigoni, nemmeno troppo illuminati, di quei partiti che hanno sempre osteggiato l’Autonomia, provando, senza riuscirci, a utilizzare nel corso della storia contemporanea, persino la forza per abolire usi e costumi dei popoli non conformi al volere centrale.
La nota positiva è che in questi anni si è assistito alla creazione di una nuova classe dirigente in seno all’opposizione. Pian piano mi sembra stia uscendo allo scoperto, formando di fatto la vera, valida, efficace e preparata alternativa per le prossime elezioni provinciali. Ma è quel “pian piano” che stride, avrei voluto scrivere che “decisamente e convintamente sta uscendo allo scoperto”. Certamente la situazione è delicata ma le conoscenze esistono, la preparazione anche. Naturalmente, come ogni passaggio del testimone, è necessaria anche la presenza delle personalità d’esperienza che non sono lì certamente per rubare la scena, come ben evidente dal loro comportamento ma per indicare la via, traghettare tramite la saggezza accumulata, la nuova generazione ormai pronta a scalare le vette della ribalta. In occasione dei numerosi incontri a cui ho avuto il piacere di assistere ho percepito chiaramente la bontà delle argomentazioni che di volta in volta si presentavano e l’efficacia organizzativa degli incontri, spia di una struttura adeguata, ben oliata e pronta a partire.
Campobase, Casa Autonomia e anche lo stesso Partito Democratico, rinnovato nella segretaria, appaiono degli elementi di assoluto valore, capaci, a mio avviso, di tenere la partita elettorale aperta e la vittoria contendibile. A testimonianza è da menzionare il quantitativo di persone che essi sono in grado di richiamare in occasione degli eventi organizzati. L’essere propositivi è la miglior reazione per affrontare il momento difficile che sta vivendo la nostra provincia. Ma le energie per esprimere il loro pieno potenziale devono essere guidate, incanalate e governate affinchè agiscano sinergicamente e abbiano la potenza massima per raggiungere l’obiettivo, in questo caso, la vittoria delle elezioni di ottobre.
A mio avviso non è più il tempo dei protagonismi bensì quello dell’azione collettiva, del lavoro per una coalizione e di coalizione. Sarebbe infatti un delitto sprecare una così importante occasione per riportare il Trentino sulla diritta via, da qualche tempo smarrita. È ora che un leader si imponga per guidare questa latente energia progettuale e tradurla poi in una coalizione vera e propria, non si può, secondo me, permanere nella titubanza, che esaspera gli animi e alla lunga stressa l’elettorato. Hic et nunc direbbero i latini, qui e ora, non domani. Non c’è tempo per l’attesa. Solo con la scelta di capo condiviso le nuove idee del progressismo di sinistra potranno realizzarsi. Oltretutto credo che la coalizione possa ritenersi completa, dato che riesce a intercettare tutte le istanze dell’area rappresentata dalle sue componenti per larga parte centriste, rappresentare da Campobase, autonomiste identificate in Casa Autonomia e più di sinistra con Pd e Futura.
La partita è aperta e anzi, sono convinto che data la situazione dipenda tutto dalla capacità della nuova coalizione di sapersi muovere nel fitto bosco di chi cerca una propria rappresentanza all’interno del panorama politico, con buona pace di coloro i quali sono fermi a qualche anno fa, quando il Patt coagulava un quantitativo sufficiente di voti da essere l’elemento decisivo. Ora gli autonomisti sono divisi e a ben osservare la coerenza e il rispetto degli ideali di quella parte politica sono ora accasati all’interno di Casa Autonomia, che dunque potrebbe invero avere risultati clamorosi.
Ma un corpo sano per funzionare e finalizzare le proprie azioni ha bisogno di una testa convinta, un leader che già esiste ma è necessario capisca l’esigenza impellente di una netta e non più procrastinabile assunzione di responsabilità dando una guida solida e un’identità chiara alla coalizione che rappresenta.
Federico Busetti