I provvedimenti della politica nazionale di queste ore impongono al Movimento Casa Autonomia.eu una forte presa di posizione. Anche se l’Autonomia differenziata come fin qui approvata sembrerebbe più un provvedimento “Manifesto” che una solida realtà normativa sulla quale discutere. Questo perché la parte leghista del governo Meloni la fa passare in un momento storico in cui, in Trentino, i vecchi autonomisti identitari, quelli che dovrebbero ergersi a paladini delle prerogative del pensiero autonomista, stanno invece zitti zitti, sotto la gonna di lega e fratelli d’Italia locali. Sono, loro stretti alleati anche qui a livello provinciale, come sappiamo in funzione delle nomine di governo ricevute. Così accontentati, non li sentirete sollevare la minima critica. Da qui partono allora responsabilità e coerenza di MCA.eu, gli autonomisti della compagine di centro-sinistra. Parliamo di questo provvedimento allora. Critiche – a tratti in maniera scontata – le minoranze, esultanti – spesso a sproposito – i leghisti. Ai più, non sarà poi sfuggito il tiepido atteggiamento del Fratelli italiani nonstante ci sia un preciso accordo elettorale che tiene in piedi il governo nazionale. Ma si sa, l’A. Diff. è un provvedimento che interessa soltanto alla lega. I Fratelli sono focalizzati sul presidenzialismo.
E qui si apre la prima considerazione critica verso un provvedimento che di per sé, fosse realistico e applicabile potrebbe contenere numerose buone novità. Comunque, considerando i reciproci rapporti di forza tra le due compagini di governo possiamo immaginare quanto poca cura e interesse manifesterà FDI nel portare avanti la partita oltremodo complessa dei decreti attuativi. Perché al di là delle giuste preoccupazioni sulle disparità che potrebbero manifestarsi in corso d’opera, per poter procedere all’attuazione di questa norma è necessario individuare i famosi livelli essenziali di prestazione. Ma non solo perché poi questi devono venir riconosciuti insieme alle risorse idonee a poterli ridistribuire in maniera sufficientemente equa. E sul terreno dell’equità tra nord e sud, l’attuazione troverà le forche caudine dei parlamentari del sud.
Dal punto di vista politico, elettorale e di voto dentro al parlamento, il meridione è sempre stato molto forte. Posso citare ad esempio il fatto che cinque regioni del sud hanno avuto la forza storica di introitare il 45% dei quasi 10 miliardi che la Politica agricola comunitaria aveva messo a disposizione dell’Italia ad ogni programmazione passata. Le altre 14 regioni e due Province autonome si suddividevano in sedici il restante 55.
Immaginatevi quando si cominciassero a toccare argomenti come sanità e welfare. Tant’è che anche solo in questa fase di voto pare che Salvini ci abbia rimesso fin da subito del gran consenso in Calabria, proprio a causa della contrarietà dei parlamentari di destra di quella regione. Tutto fa pensare però che gli annunci proseguiranno, senza conseguenze e peggio, senza risultato. Buon per noi, buon per l’Autonomia trentina che alle sceneggiate della lega ci ha fatto il callo. Ricordiamo tutti un fatto di cronaca politica del quale il web da facile traccia. E’ accaduto casualmente il 21 giugno ma di ben 13 anni fa. L’accordo di allora era con il governo del momento, quello del Cavaliere nazionale. Il ministro, lo stesso. Stesse scene, stessi annunci che il tempo finì per consegnare ad un nulla di fatto. Bene dunque che vi sia un’opposizione forte che sottoporrà al referendum questo atto politico dato da digerire d’imperio agli italiani, altrettanto bene che sia consegnato al percorso legislativo col solito atteggiamento leghista che ormai conosciamo anche qui in Trentino. Basti osservare come è stata gestita dalla lega trentina prima di opposizione e poi di governo, la partita dei Grandi carnivori.
Dai banchi dell’opposizione avrebbero spaccato il mondo. Nella prima fase di governo hanno annunciato tutto ed il contrario di tutto, senza portare a casa niente tranne una gestione che ha coltivato paure e purtroppo tragedie. Oggi, a sei anni di distanza provano a ripartire rimettendo in piedi – e male – tutto quello che avevano smantellato sei anni fa ereditato dalle persone coscienti e competenti che avevano lasciato loro.