In questi giorni leggendo i vari interventi sui mezzi di comunicazione relativamente alla vicenda di quei 15 immigrati minorenni non accompagnati trasferiti dalla struttura di S. Vito di Pergine a Trento in un container perché ritenuti troppo turbolenti (in particolare due) e quindi incompatibili con la struttura che li ospitava, il mio pensiero è andato immediatamente alle possibili origini di questi ragazzi.
La mia ormai lunga esperienza africana vissuta in Kenya mi ha ricordato di questo Stato la situazione nella quale vivono tanti minorenni senza genitori o abbandonati causa situazioni familiari particolari. Ho pensato ai bambini di strada, in particolare, che vagano ed aspirano la colla da una bottiglia per calmare gli stimoli della fame ed i conseguenti effetti negativi cerebrali. Quanti ne ho visti. Ho pensato a quelle comunità formate solo da anziani, donne e bambini perché i mariti o i giovani se ne sono andati, chi sà dove, in cerca di lavoro.
Ho pensato a quei giovani, senza alcuna possibilità di lavoro, che trascorrono la giornata sotto i manghi dal mattino al tramonto. Possono lavorare la terra solo quando arrivano le piogge due volte all’anno. Loro non emigrano in Europa perché troppo lontani dalle nostre coste. E la situazione in Kenya non è la peggiore dell’Africa.
Se il pensiero va a quelli che vivono nel Corno d’Africa in zone desertiche ed ancora più povere, ma più vicine alle nostre coste, viene spontaneo pensare e giustificare che siano tentati di abbandonare la loro terra in cerca di un’altra migliore. E questo vale anche per chi viene da altre realtà geografiche.
Per tutti è la disperazione che fa scattare la molla di andarsene anche rischiando la vita. E’ la speranza di un futuro migliore che dà questo coraggio. E il dramma nel dramma è il pensiero che una parte di coloro che arrivano siano minorenni non accompagnati. E qui nascono spontanee alcune domande. Primo perché arrivano non accompagnati. Perché sono senza genitori? Perché i genitori sono morti lungo il tragitto della speranza? Perché sono stati affidati a qualcuno che li porti dove potranno avere un futuro migliore? Qualunque sia la causa di questa anomala emigrazione si tratta sempre di situazioni per noi inimmaginabili e comunque umanamente drammatiche. Se questo è il retroterra dei minorenni non accompagnati quale deve essere il nostro comportamento quando li abbiamo in casa nostra? Possiamo rimanere indifferenti? Possiamo fregarcene? Possiamo voltarci dall’altra parte? Possiamo considerarli una scocciatura? Disturbatori della nostra egoistica quiete? Se non la coscienza almeno la sensibilità umana devono commuoverci e attivarci per trovare una soluzione dignitosa per questi poveri nostri fratelli sfortunati.
Sappiamo che la competenza operativa per la loro sistemazione è della Provincia. Questa ha fatto Il primo passo che è quello dell’accoglienza. Questi ragazzi non stanno vagabondando da soli per le strade. Tuttavia trasferendoli in massa da un luogo all’altro non si risolve il problema, ma lo si sposta soltanto. Manca il secondo passo, quello che li possa inserire ed integrare affinchè possano anche loro essere cittadini a pieno titolo nella comunità che li ha accolti. Dobbiamo pensare che sono adolescenti che vivono, come tutti i loro coetanei, l’esperienza più delicata e critica della vita e quindi hanno estremo bisogno di sostegno, di aiuto, di attenzione.
A questi ragazzi manca l’affetto della famiglia, un sostegno psicologico. Sono particolarmente fragili e vulnerabili. E’ indispensabile quindi un’accoglienza diffusa che permetta di seguirli il più possibile singolarmente garantendo non solo la sussistenza, ma anche l’inserimento nel mondo che li circonda diverso da quello di provenienza. Hanno bisogno di quella formazione necessaria che permetta loro quanto prima di essere avviati al mondo del lavoro che garantisca la possibilità di guadagnarsi il pane quotidiano e conseguentemente acquistare quell’autonomia alla quale tutti aspirano. Per fare questo secondo passo può essere utile, oltre alla indispensabile e sicura competenza degli uffici provinciali, la collaborazione di enti di assistenza sociale già esistenti sul nostro territorio e che godono tanta stima e fiducia. Non possiamo quindi vivere alla giornata.
E’ urgente un progetto di accoglienza diffusa.
Gli inconvenienti lamentati di eccessiva turbolenza, soprattutto da parte di qualcuno dei minori, con l’accoglienza diffusa andrebbero sicuramente a scomparire. Ritornando al trasferimento di 15 minori, perché troppo problematici, da S.Vito di Pergine a Trento è significativa la frase espressa da una persona autorevole, che ha detto: “chi non diventerebbe problematico passando le sue giornate con l’obbligo di dover riempire il vuoto?“ Per concludere, la Provincia, titolata a risolvere questo importante e delicato problema umanitario, riuscirà, in tempi brevi, a trovare la migliore soluzione per il bene di questi minori non accompagnati? Io sono fiducioso. Certamente la Comunità, invitata a collaborare, non si tirerà indietro. Nell’anno di Trento capitale europea del volontariato una onorevole sistemazione di questi minorenni non accompagnati sarebbe un ottimo segnale di concreta ed efficiente solidarietà.
Luigi Panizza Presidente “Associazione Valdisole Solidale ODV”